tratturo
2006-05-30 18:05:06 UTC
Un canto religioso udito a Montopooli di Sabina
SANTA MADRE CHE VUOI FARE
SE LE PI9AGHE DEL SIGNORE
SONO IMPRESSE NEL MIO CUORE?
Ma c'è amche altro.
Di Luigi Melilli
Noh c'è nulla di più volgarmente antireligioso che le cosiddette
processioni,.
Fa già spettacolo il vario modo di vestirsi, così ciome fanno scena
gli oggetti - naturalmente sacri - che si ostenytano,
Ma la cosa di gran lunga più vergognosa per chi la dirige e - oppur
avendo cognizioni e autorità per renderla meno ridicola, è
rappresentato dai canti e dalle varie preghiere.
Tutti sanno che nei venerdì uinclusi nei quaranta giorni che
preceedono la Pasdqua i cattolici fanno la sceneggiata della via
crucis, suddivisa in quattordici stazioni.
In ciascuna di esse il celebrante racconta al popolo - in vatrio modo
e con varia solennità ed erudizione - ciò che a cristo successe in
quella stazione, dover la sosta è fatta apposta per sentire tale
discorsetto edificantem, seguito dal canto dello Stabat Mater cantato
il latino almeno finp a che il latino non fu abolito.
Il responsorio è affidato al popolo e si ripete sdi strofa in strofa,
ma come?
I modi sono molteplici, perché in ciascun paese si trova qualche
novità che viene a variare le predcedenti esperienze.
A Montopoli di Sabina, dove ho insegnato per molti anni, da cattolico
praticante, ho sentito questo responsorio cantato dal popolo che
assiste alla cerimonia o la segue se essa si svolge in forma
processionale:
"Santa madre, che vuoi fare
se le piaghe del Siognore
sono impresse nel mio cuore?
Sì, è irriverente per quella povera gente che fa queste cose con
tutto l'impegno e la credulità indotta nelle loro coscienze, ma nonb
mi vergogno di dire che sin da allora, pur da credente e praticante, mi
veniva da concludere: "Madonna mia, che ci vuoi fare? Ci vuole
paziensa."
Ma una volta che la via crucis si svolgeva regolarmente lungo le pareti
della chiesa il parroco riuscì a capire l'enormità del responsorio
del popolo, e, in maniera tra il cattedratico e lo sprezzante, cercò
di correggere il popolo credendo di fargli capire che il vero testo
era:
Santa madre deh voi fate
Che le piaghe del Signore
Siano impresse nel mio cuore"ù
Macchè! La formula assune forme stranissime, come, ad esempio:
Santa madre deh vuoi fare
Se le piaghe del Signore
Sono impresse nel mio cuore.
E poiché tra i popolo mionuto c'era sempre qualcuno più istruito (l
sagrewtano, per esempio, era quasi analfabeta,. Me era altrettanto
impeccabile nel dire le formule in italiano o inlatino che fossero), la
variazioni erano poi le più fantasiose possibile, che è vano e
irriverente per la gente qui ricordare.
Ho sentito al mio paese cantare con solennità questo prima della
benedizione eucariastica:
Celebrante: Panem de coelis prestidisti esi".
Accoliti: Dommine direttamente nse pènte, invece che il più
liturgicamente corretto "omne delectamentum in sé habentem.
Ma persino nel canto che precedeva il tantu ergo, si potevano trovare
cose esilaranti. Ecco cosa cantavano i miei compaesani:
Benediteci o Signorer
Vi preghiamo con bvoci ardenti;:
i vostri figli sorridenti
da lì in mezzo vostro amò.
Benedite piange l'arca
Il pastore di questo gregge;
nenedite chi protegge
la nostra santa areligion.
Ed infatti sarebbe stata areligione vera e propria se non avesse
sovvenuto la sinceritù con la quale il popolo pronunciava quelle
parole.
Ma la cosa più esilarante era contenuta nell'inno di Sant'Antonio,
dove la dizione:
"Cedunt mare vincula,
membra resque perditas
petunt et accipiunt
juvenes et cani.
I miei poveri compaesani cantavano di tutto il responsorio solo quello
che ricordavano e come lo ricordavano, e cioè:
C'era una remingula
Mangurerta perfida.ù
Seguiva un mugolio da parte di qualcuno che faceva finta di saperla
tutta.
E questa era la religiosi9tù che si coltivava nel popolo minuto e
analfabeta, a cui però si insegnava scrupolosamente cosa si doveva
fare nei rapporti tra sessi.
E a proposito di questo, chi aveva già sentito le spiegazioni che in
materia aveva dato al parroco, prese a ceffoni in chuiesa due o tre
ragazzine che erano solite occuparsi della pulizia del pavimento della
chiesa, dietro non so che compenso.
Ricordo - anche se allora anche io avevo circa la loro età che sorse
tra le fanciuellette disputa su chi aveva maggiori crediti presso il
prete:"Io gli avanzo cinque scopate" diceva candidamente una.
"Enmnnò, io nijavanzo dudici!..."
Furono brutalmente ripahgate dal manesco parroco con una serie di
ceffoni dati in pieno viso, mentre con voce aspra le rimproverava per
la porcherie e le impurità di cui avevano parlato.
Cresciuti, una delle ragazze, che ormai sapeva il significato recondito
di scopata, mi raccontò questa storia, che avevo vissuto in prima
persona - ma le non se ne ricordava - con l'aggiuinta dellebotte
rimediate da mamma e papà quando aveva loro raccontato l'episodio.
E dato che ci sono - mora ammazzato un porco per casa (come si dice
al mio paese) voglio raccontare anche un'avventura che ho vissuto
personalment e e personalmente ytoccandone generosamente quanto
violentemente.
Stavamo preparandoci per la cresi,a vche all'epoca si riceveva a
sette anni ed avevamo per istrutytrice una certa Suor Celina.
L'Ìingenua monachella facevq quanto poteva per farci memorizzare le
formule del catechismo di Pio X, ma io - che ero forse più curioso o
più sttrambo degli altri - non mi contentavo di imparare a memoria e
ripetere, ma volevo sincerarmi personalmente della veridicità di
quello che imparavo.
La formula era la seguente:
Domdnda: Dov'è Dio?
Risposta: Dio è in cielo, in terra e in ogni luogo; egli è
l'immenso.
Ma per me, povero contadinello ancora non istruito, immenso non aveva
alcun senso, cosicché interpretavo l'ìespressione con "lì
inmezzo."
Siccome la mia vista era assai carente, a furia di sentire i miei
compagni maschi e femmine che rispondevano a pappagallo ma
convintamente, pensai che essi, avendo una vista assai migliore della
mia, vedessero davvero Dio, così mi alzai e andai a cercare Dio in
mezzo alla chiesa, nella navata, insomma.
Eccoti il prete: "Bambino dove vai?" mi chiese con il suo vocione
da tuiono di montagna.
Ed io, con l'iongenuità propria dei contadinelli non istruiti, gli
risposi candidamente: £Vado a cercare Dio".
Solito, solennne, sponoro e cariatevole manrovescio
Che mi fece cadere a terra a bocca sotto, dandomi l'0iompressione di
aver dovuto baciarre il diavolo pr penitenza.
Questi episodi sono veritieri e io non vi ho aggiunto proprio nulla.
Ci tengo troppo a ricordare alla gente quale era il rapporto della
chiesa docente con quella discente dei poveri e deghli analfabeti
quali eravamo noi "du bassu cètere" come usavamo dire per
definirvci di basso ceto.
Rieti, lunedì 29 maggio 2006
Luigi Melilli
SANTA MADRE CHE VUOI FARE
SE LE PI9AGHE DEL SIGNORE
SONO IMPRESSE NEL MIO CUORE?
Ma c'è amche altro.
Di Luigi Melilli
Noh c'è nulla di più volgarmente antireligioso che le cosiddette
processioni,.
Fa già spettacolo il vario modo di vestirsi, così ciome fanno scena
gli oggetti - naturalmente sacri - che si ostenytano,
Ma la cosa di gran lunga più vergognosa per chi la dirige e - oppur
avendo cognizioni e autorità per renderla meno ridicola, è
rappresentato dai canti e dalle varie preghiere.
Tutti sanno che nei venerdì uinclusi nei quaranta giorni che
preceedono la Pasdqua i cattolici fanno la sceneggiata della via
crucis, suddivisa in quattordici stazioni.
In ciascuna di esse il celebrante racconta al popolo - in vatrio modo
e con varia solennità ed erudizione - ciò che a cristo successe in
quella stazione, dover la sosta è fatta apposta per sentire tale
discorsetto edificantem, seguito dal canto dello Stabat Mater cantato
il latino almeno finp a che il latino non fu abolito.
Il responsorio è affidato al popolo e si ripete sdi strofa in strofa,
ma come?
I modi sono molteplici, perché in ciascun paese si trova qualche
novità che viene a variare le predcedenti esperienze.
A Montopoli di Sabina, dove ho insegnato per molti anni, da cattolico
praticante, ho sentito questo responsorio cantato dal popolo che
assiste alla cerimonia o la segue se essa si svolge in forma
processionale:
"Santa madre, che vuoi fare
se le piaghe del Siognore
sono impresse nel mio cuore?
Sì, è irriverente per quella povera gente che fa queste cose con
tutto l'impegno e la credulità indotta nelle loro coscienze, ma nonb
mi vergogno di dire che sin da allora, pur da credente e praticante, mi
veniva da concludere: "Madonna mia, che ci vuoi fare? Ci vuole
paziensa."
Ma una volta che la via crucis si svolgeva regolarmente lungo le pareti
della chiesa il parroco riuscì a capire l'enormità del responsorio
del popolo, e, in maniera tra il cattedratico e lo sprezzante, cercò
di correggere il popolo credendo di fargli capire che il vero testo
era:
Santa madre deh voi fate
Che le piaghe del Signore
Siano impresse nel mio cuore"ù
Macchè! La formula assune forme stranissime, come, ad esempio:
Santa madre deh vuoi fare
Se le piaghe del Signore
Sono impresse nel mio cuore.
E poiché tra i popolo mionuto c'era sempre qualcuno più istruito (l
sagrewtano, per esempio, era quasi analfabeta,. Me era altrettanto
impeccabile nel dire le formule in italiano o inlatino che fossero), la
variazioni erano poi le più fantasiose possibile, che è vano e
irriverente per la gente qui ricordare.
Ho sentito al mio paese cantare con solennità questo prima della
benedizione eucariastica:
Celebrante: Panem de coelis prestidisti esi".
Accoliti: Dommine direttamente nse pènte, invece che il più
liturgicamente corretto "omne delectamentum in sé habentem.
Ma persino nel canto che precedeva il tantu ergo, si potevano trovare
cose esilaranti. Ecco cosa cantavano i miei compaesani:
Benediteci o Signorer
Vi preghiamo con bvoci ardenti;:
i vostri figli sorridenti
da lì in mezzo vostro amò.
Benedite piange l'arca
Il pastore di questo gregge;
nenedite chi protegge
la nostra santa areligion.
Ed infatti sarebbe stata areligione vera e propria se non avesse
sovvenuto la sinceritù con la quale il popolo pronunciava quelle
parole.
Ma la cosa più esilarante era contenuta nell'inno di Sant'Antonio,
dove la dizione:
"Cedunt mare vincula,
membra resque perditas
petunt et accipiunt
juvenes et cani.
I miei poveri compaesani cantavano di tutto il responsorio solo quello
che ricordavano e come lo ricordavano, e cioè:
C'era una remingula
Mangurerta perfida.ù
Seguiva un mugolio da parte di qualcuno che faceva finta di saperla
tutta.
E questa era la religiosi9tù che si coltivava nel popolo minuto e
analfabeta, a cui però si insegnava scrupolosamente cosa si doveva
fare nei rapporti tra sessi.
E a proposito di questo, chi aveva già sentito le spiegazioni che in
materia aveva dato al parroco, prese a ceffoni in chuiesa due o tre
ragazzine che erano solite occuparsi della pulizia del pavimento della
chiesa, dietro non so che compenso.
Ricordo - anche se allora anche io avevo circa la loro età che sorse
tra le fanciuellette disputa su chi aveva maggiori crediti presso il
prete:"Io gli avanzo cinque scopate" diceva candidamente una.
"Enmnnò, io nijavanzo dudici!..."
Furono brutalmente ripahgate dal manesco parroco con una serie di
ceffoni dati in pieno viso, mentre con voce aspra le rimproverava per
la porcherie e le impurità di cui avevano parlato.
Cresciuti, una delle ragazze, che ormai sapeva il significato recondito
di scopata, mi raccontò questa storia, che avevo vissuto in prima
persona - ma le non se ne ricordava - con l'aggiuinta dellebotte
rimediate da mamma e papà quando aveva loro raccontato l'episodio.
E dato che ci sono - mora ammazzato un porco per casa (come si dice
al mio paese) voglio raccontare anche un'avventura che ho vissuto
personalment e e personalmente ytoccandone generosamente quanto
violentemente.
Stavamo preparandoci per la cresi,a vche all'epoca si riceveva a
sette anni ed avevamo per istrutytrice una certa Suor Celina.
L'Ìingenua monachella facevq quanto poteva per farci memorizzare le
formule del catechismo di Pio X, ma io - che ero forse più curioso o
più sttrambo degli altri - non mi contentavo di imparare a memoria e
ripetere, ma volevo sincerarmi personalmente della veridicità di
quello che imparavo.
La formula era la seguente:
Domdnda: Dov'è Dio?
Risposta: Dio è in cielo, in terra e in ogni luogo; egli è
l'immenso.
Ma per me, povero contadinello ancora non istruito, immenso non aveva
alcun senso, cosicché interpretavo l'ìespressione con "lì
inmezzo."
Siccome la mia vista era assai carente, a furia di sentire i miei
compagni maschi e femmine che rispondevano a pappagallo ma
convintamente, pensai che essi, avendo una vista assai migliore della
mia, vedessero davvero Dio, così mi alzai e andai a cercare Dio in
mezzo alla chiesa, nella navata, insomma.
Eccoti il prete: "Bambino dove vai?" mi chiese con il suo vocione
da tuiono di montagna.
Ed io, con l'iongenuità propria dei contadinelli non istruiti, gli
risposi candidamente: £Vado a cercare Dio".
Solito, solennne, sponoro e cariatevole manrovescio
Che mi fece cadere a terra a bocca sotto, dandomi l'0iompressione di
aver dovuto baciarre il diavolo pr penitenza.
Questi episodi sono veritieri e io non vi ho aggiunto proprio nulla.
Ci tengo troppo a ricordare alla gente quale era il rapporto della
chiesa docente con quella discente dei poveri e deghli analfabeti
quali eravamo noi "du bassu cètere" come usavamo dire per
definirvci di basso ceto.
Rieti, lunedì 29 maggio 2006
Luigi Melilli