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Marcello Pera: «La crisi richiede un patto costituzionale nuovo» | Unione Italiana
(troppo vecchio per rispondere)
m***@hotmail.it
2012-07-16 11:21:26 UTC
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Abbiamo ricevuto dal Senatore Marcello Pera l’articolo, che ci onoriamo di pubblicare, relativo alla proposta di Legge costituzionale volta alla formazione di un’Assemblea Costituente.

La proposta del Senatore Pera – di cui non abbiamo dimenticato l’alto profilo di dedizione alle istituzioni con cui seppe condurre, quale Presidente, il Senato della Repubblica – ci sembra recare l’unica reale possibilità di riformare seriamente e responsabilmente le istituzioni del nostro Paese, consentendo quel rinnovamento e quel rilancio dell’Italia, che è alla base della nascita stessa di Unione Italiana.

Per questo sin d’ora reputo di poter affermare che l’iniziativa di realizzare una nuova Assemblea Costituente – la quale riprenda, anche nella struttura, quell’Assemblea che nell’Italia stremata del secondo dopoguerra seppe darci, attraverso un confronto dai toni talora anche aspri ma sempre di alto livello ideale, una nuova Carta Costituzionale – diviene l’obiettivo di Unione Italiana.

Siamo consapevoli che i nemici della nuova Assemblea Costituente, che sappia chiamare a raccolta le risorse migliori del Paese, saranno le forze conservatrici di tutti i partiti, di quanti, cioè, hanno affossato l’Italia. Il nostro Movimento, fondato innanzitutto su forti contenuti etici, convinto della necessità di un ritorno alla meritocrazia e a quell’insieme di Valori che, negli anni passati, consentirono uno straordinario sviluppo per l’Italia, saprà battersi con ogni energia per conseguire questo obiettivo.

Unione Italiana è innanzitutto un movimento di popolo, non di caste e di piccoli uomini di potere, dediti a perseguire il proprio “particolare”, e per questo saprà cogliere sia l’alto profilo ideale sia la forza dirompente e quindi realmente “rivoluzionaria” che l’iniziativa del Senatore Pera contiene.

Gianfranco Librandi



- LA CRISI RICHIEDE UN PATTO COSTITUENTE NUOVO -

di Marcello Pera

In settimana, al Senato, si dovrebbe votare per il semi-presidenzialismo. È un voto inutile, perché quella riforma, tirata fuori dal Pdl all’ultimo momento, dopo che già aveva concordato con il Pd su un sistema diverso, passerà (con i voti ora poco affidabili della Lega), ma poi, per mancanza di tempi e di accordo, resterà impantanata alla Camera. Sì che il voto del Senato avrà un valore di testimonianza, buono, al più, per una campagna elettorale. La prima domanda allora è: il Pdl, o come altro Berlusconi lo ribattezzerà, vuole davvero la riforma della Costituzione? La seconda, e più importante, domanda è: l’Italia ha davvero bisogno di una nuova Costituzione?

Che così sia è ormai convincimento molto diffuso da tanti anni. La nostra Costituzione è terribilmente vecchia e in gran parte superata dalla storia. Servì quando lo Stato nazionale appena uscito dal Fascismo doveva in primo luogo evitare una guerra civile. Non serve più allo stesso modo oggi, quando la sovranità dello Stato nazionale è pressoché tutta trasferita agli organismi europei e Nato, e la guerra (o il “percorso di guerra” come lo chiama il Presidente del consiglio) è di tutt’altro tipo.

Per riflettere su questo punto, basta farsi, tra le molte, alcune domande semplici. Trascuro quelle che riguardano i cosiddetti principi, che sono le meno discusse e invece dovrebbero essere continuamente sollevate. Vorrei solo ricordare che, quando gli imprenditori italiani definiscono la nuova legge sul lavoro una “boiata”, dovrebbero riflettere che essa discende direttamente dall’art. 1 della Costituzione. E quando il Presidente del consiglio dichiara che il tempo della “concertazione” è finito, dovrebbe anch’egli ricordarsi che quella cultura consociativa ha la stessa matrice. Se la Repubblica è “fondata sul lavoro” e l’impresa non ha dignità di ruolo costituzionale, mentre ne ha uno preminente “la funzione sociale della proprietà privata” o la “uguaglianza sociale”, non c’è da meravigliarsi di ciò che sta accadendo, ivi compreso l’insostenibile debito pubblico. Al contrario, c’è da concludere che l’abito disegnato dai costituenti del 1948 sta molto stretto alle esigenze dei loro nipoti di oggi.

Mi concentro piuttosto su questioni quotidiane apparentemente meno impegnative di quelle dei principi, ma più direttamente percepibili. Perché abbiamo un governo di tecnici e non di politici? Chi li ha nominati e a chi rispondono? Quale ruolo ha il Parlamento nei confronti di questo Governo? Lo esprime? Lo indirizza? Lo controlla? Lo può sostituire tutto o in parte? E il Presidente della Repubblica è garante dell’unità nazionale o della vita del Governo? E quando il Governo firma trattati o stipula accordi con cui cede la sovranità popolare, il Parlamento deve esprimersi con maggioranze semplici o qualificate? E chi è autorizzato a giudicare se la cessione di sovranità sia o no compatibile con la Costituzione? Il popolo con un referendum? La Corte costituzionale? Quando? Attivata da chi?

Inutile dire che, allo stato attuale della nostra situazione politica e istituzionale, non c’è risposta precisa a nessuna di queste domande. E non c’è, o ce n’è una contraria alla prassi che si instaura, perché la Costituzione non la permette. Già fragile, ambigua, incerta, opaca, sorretta da una giurisprudenza della Corte che si riferisce più agli interessi politici del momento che alla lettura rigorosa delle norme, la Costituzione italiana da tempo ha cessato di essere un’architettura ben costruita ed efficiente. All’occorrenza, sopporta tutto: un Presidente della Repubblica che tracima dal suo ruolo, un Presidente del Consiglio che non risponde a nessuno, un trattato europeo che ci riduce a colonia, un Parlamento con due Camere senza più funzioni, uno Stato né unitario né centrale né federale che produce distorsioni di ogni tipo, a cominciare da quelle finanziarie. E soprattutto una sovranità popolare ridotta a simulacro.

Si dice (l’ha ridetto anche il presidente Berlusconi): ora facciamo le riforme. È falso, perché né questo né altro Parlamento riformeranno la Costituzione. E se lo faranno, sarà peggio: perché, uscite a piccoli pezzi dal Parlamento, pensate per tappare questo o quel buco (come quella del cosiddetto “federalismo”) quelle riforme saranno le riforme dei partiti, nell’interesse dei partiti. Se davvero si vogliono fare le riforme della Costituzione, si deve investire l’unica forza che può farle e ha titolo per farle: il popolo italiano.

Come? Ho avanzato una proposta semplice e radicale, ma di sicuro successo. Il Presidente della Repubblica, che l’ha assai meditata, ha dichiarato in un’intervista che essa “ha una sua motivazione” e poi, in un comunicato, che essa merita “attenzione e interesse”. La proposta è: un’Assemblea costituente di 75 membri, votata da tutti i cittadini, composta di non parlamentari, in carica per dodici mesi, che scriva un nuovo testo, da sottoporre poi a referendum. Solo così ce la possiamo fare, in modo democratico, prima che il percorso di guerra si accidenti ancora di più e al popolo non resti più nemmeno la parola, se non per esprimere sgomento.

I vantaggi sono enormi. Ne prendo uno fra tutti: un’Assemblea costituente è il luogo sacro in cui il popolo si riunisce per darsi un’identità e una missione. È un’occasione storica per mettere alla prova le energie migliori e chiamarle a disegnare il futuro. È una sfida irripetibile per ritrovare una nazione. È l’opportunità unica per sottoscrivere un nuovo patto. O lì, in quell’Assemblea, ce la faremo oppure il nostro declino diventerà inarrestabile.

Cercando di darsi una ragione del perché è stato disarcionato, il Segretario del Pdl ha detto che non è ancora arrivato il momento delle giovani generazioni. Riferito alla situazione del Pdl, il giudizio è amaro ma corretto. Solo mi domando: queste giovani (e io ritengo anche brave e spesso brillanti) generazioni non potrebbero prendere esse la bandiera del rinnovamento, non dentro i loro morenti o defunti partiti, ma in un’Assemblea nazionale dove si dovrebbe pensare e costruire in primo luogo il loro futuro, e dove esse possono essere protagoniste? Oppure queste giovani generazioni si sono a tal punto arrese che aspettano solo che quelle vecchie, e palesemente fallite, gli riservino un buon posto in Parlamento, così come i “bamboccioni” si aspettano dalle mamme un buon pasto a tavola? Non ci voglio credere.
m***@hotmail.it
2012-07-16 11:22:01 UTC
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Post by m***@hotmail.it
Abbiamo ricevuto dal Senatore Marcello Pera l’articolo, che ci onoriamo di pubblicare, relativo alla proposta di Legge costituzionale volta alla formazione di un’Assemblea Costituente.
La proposta del Senatore Pera – di cui non abbiamo dimenticato l’alto profilo di dedizione alle istituzioni con cui seppe condurre, quale Presidente, il Senato della Repubblica – ci sembra recare l’unica reale possibilità di riformare seriamente e responsabilmente le istituzioni del nostro Paese, consentendo quel rinnovamento e quel rilancio dell’Italia, che è alla base della nascita stessa di Unione Italiana.
Per questo sin d’ora reputo di poter affermare che l’iniziativa di realizzare una nuova Assemblea Costituente – la quale riprenda, anche nella struttura, quell’Assemblea che nell’Italia stremata del secondo dopoguerra seppe darci, attraverso un confronto dai toni talora anche aspri ma sempre di alto livello ideale, una nuova Carta Costituzionale – diviene l’obiettivo di Unione Italiana.
Siamo consapevoli che i nemici della nuova Assemblea Costituente, che sappia chiamare a raccolta le risorse migliori del Paese, saranno le forze conservatrici di tutti i partiti, di quanti, cioè, hanno affossato l’Italia. Il nostro Movimento, fondato innanzitutto su forti contenuti etici, convinto della necessità di un ritorno alla meritocrazia e a quell’insieme di Valori che, negli anni passati, consentirono uno straordinario sviluppo per l’Italia, saprà battersi con ogni energia per conseguire questo obiettivo.
Unione Italiana è innanzitutto un movimento di popolo, non di caste e di piccoli uomini di potere, dediti a perseguire il proprio “particolare”, e per questo saprà cogliere sia l’alto profilo ideale sia la forza dirompente e quindi realmente “rivoluzionaria” che l’iniziativa del Senatore Pera contiene.
Gianfranco Librandi
- LA CRISI RICHIEDE UN PATTO COSTITUENTE NUOVO -
di Marcello Pera
In settimana, al Senato, si dovrebbe votare per il semi-presidenzialismo. È un voto inutile, perché quella riforma, tirata fuori dal Pdl all’ultimo momento, dopo che già aveva concordato con il Pd su un sistema diverso, passerà (con i voti ora poco affidabili della Lega), ma poi, per mancanza di tempi e di accordo, resterà impantanata alla Camera. Sì che il voto del Senato avrà un valore di testimonianza, buono, al più, per una campagna elettorale. La prima domanda allora è: il Pdl, o come altro Berlusconi lo ribattezzerà, vuole davvero la riforma della Costituzione? La seconda, e più importante, domanda è: l’Italia ha davvero bisogno di una nuova Costituzione?
Che così sia è ormai convincimento molto diffuso da tanti anni. La nostra Costituzione è terribilmente vecchia e in gran parte superata dalla storia. Servì quando lo Stato nazionale appena uscito dal Fascismo doveva in primo luogo evitare una guerra civile. Non serve più allo stesso modo oggi, quando la sovranità dello Stato nazionale è pressoché tutta trasferita agli organismi europei e Nato, e la guerra (o il “percorso di guerra” come lo chiama il Presidente del consiglio) è di tutt’altro tipo.
Per riflettere su questo punto, basta farsi, tra le molte, alcune domande semplici. Trascuro quelle che riguardano i cosiddetti principi, che sono le meno discusse e invece dovrebbero essere continuamente sollevate. Vorrei solo ricordare che, quando gli imprenditori italiani definiscono la nuova legge sul lavoro una “boiata”, dovrebbero riflettere che essa discende direttamente dall’art. 1 della Costituzione. E quando il Presidente del consiglio dichiara che il tempo della “concertazione” è finito, dovrebbe anch’egli ricordarsi che quella cultura consociativa ha la stessa matrice. Se la Repubblica è “fondata sul lavoro” e l’impresa non ha dignità di ruolo costituzionale, mentre ne ha uno preminente “la funzione sociale della proprietà privata” o la “uguaglianza sociale”, non c’è da meravigliarsi di ciò che sta accadendo, ivi compreso l’insostenibile debito pubblico. Al contrario, c’è da concludere che l’abito disegnato dai costituenti del 1948 sta molto stretto alle esigenze dei loro nipoti di oggi.
Mi concentro piuttosto su questioni quotidiane apparentemente meno impegnative di quelle dei principi, ma più direttamente percepibili. Perché abbiamo un governo di tecnici e non di politici? Chi li ha nominati e a chi rispondono? Quale ruolo ha il Parlamento nei confronti di questo Governo? Lo esprime? Lo indirizza? Lo controlla? Lo può sostituire tutto o in parte? E il Presidente della Repubblica è garante dell’unità nazionale o della vita del Governo? E quando il Governo firma trattati o stipula accordi con cui cede la sovranità popolare, il Parlamento deve esprimersi con maggioranze semplici o qualificate? E chi è autorizzato a giudicare se la cessione di sovranità sia o no compatibile con la Costituzione? Il popolo con un referendum? La Corte costituzionale? Quando? Attivata da chi?
Inutile dire che, allo stato attuale della nostra situazione politica e istituzionale, non c’è risposta precisa a nessuna di queste domande. E non c’è, o ce n’è una contraria alla prassi che si instaura, perché la Costituzione non la permette. Già fragile, ambigua, incerta, opaca, sorretta da una giurisprudenza della Corte che si riferisce più agli interessi politici del momento che alla lettura rigorosa delle norme, la Costituzione italiana da tempo ha cessato di essere un’architettura ben costruita ed efficiente. All’occorrenza, sopporta tutto: un Presidente della Repubblica che tracima dal suo ruolo, un Presidente del Consiglio che non risponde a nessuno, un trattato europeo che ci riduce a colonia, un Parlamento con due Camere senza più funzioni, uno Stato né unitario né centrale né federale che produce distorsioni di ogni tipo, a cominciare da quelle finanziarie. E soprattutto una sovranità popolare ridotta a simulacro.
Si dice (l’ha ridetto anche il presidente Berlusconi): ora facciamo le riforme. È falso, perché né questo né altro Parlamento riformeranno la Costituzione. E se lo faranno, sarà peggio: perché, uscite a piccoli pezzi dal Parlamento, pensate per tappare questo o quel buco (come quella del cosiddetto “federalismo”) quelle riforme saranno le riforme dei partiti, nell’interesse dei partiti. Se davvero si vogliono fare le riforme della Costituzione, si deve investire l’unica forza che può farle e ha titolo per farle: il popolo italiano.
Come? Ho avanzato una proposta semplice e radicale, ma di sicuro successo. Il Presidente della Repubblica, che l’ha assai meditata, ha dichiarato in un’intervista che essa “ha una sua motivazione” e poi, in un comunicato, che essa merita “attenzione e interesse”. La proposta è: un’Assemblea costituente di 75 membri, votata da tutti i cittadini, composta di non parlamentari, in carica per dodici mesi, che scriva un nuovo testo, da sottoporre poi a referendum. Solo così ce la possiamo fare, in modo democratico, prima che il percorso di guerra si accidenti ancora di più e al popolo non resti più nemmeno la parola, se non per esprimere sgomento.
I vantaggi sono enormi. Ne prendo uno fra tutti: un’Assemblea costituente è il luogo sacro in cui il popolo si riunisce per darsi un’identità e una missione. È un’occasione storica per mettere alla prova le energie migliori e chiamarle a disegnare il futuro. È una sfida irripetibile per ritrovare una nazione. È l’opportunità unica per sottoscrivere un nuovo patto. O lì, in quell’Assemblea, ce la faremo oppure il nostro declino diventerà inarrestabile.
Cercando di darsi una ragione del perché è stato disarcionato, il Segretario del Pdl ha detto che non è ancora arrivato il momento delle giovani generazioni. Riferito alla situazione del Pdl, il giudizio è amaro ma corretto. Solo mi domando: queste giovani (e io ritengo anche brave e spesso brillanti) generazioni non potrebbero prendere esse la bandiera del rinnovamento, non dentro i loro morenti o defunti partiti, ma in un’Assemblea nazionale dove si dovrebbe pensare e costruire in primo luogo il loro futuro, e dove esse possono essere protagoniste? Oppure queste giovani generazioni si sono a tal punto arrese che aspettano solo che quelle vecchie, e palesemente fallite, gli riservino un buon posto in Parlamento, così come i “bamboccioni” si aspettano dalle mamme un buon pasto a tavola? Non ci voglio credere.
Fonte: http://www.unioneitaliana.org/2012/07/marcello-pera-la-crisi-richiede-un-patto-costituzionale-nuovo%C2%BB/
el gato
2012-07-16 11:24:16 UTC
Permalink
Post by m***@hotmail.it
Come? Ho avanzato una proposta semplice e radicale, ma di sicuro
successo. Il Presidente della Repubblica, che l’ha assai meditata, ha
dichiarato in un’intervista che essa “ha una sua motivazione” e poi, in
un comunicato, che essa merita “attenzione e interesse”. La proposta è:
un’Assemblea costituente di 75 membri, votata da tutti i cittadini,
composta di non parlamentari, in carica per dodici mesi, che scriva un
nuovo testo, da sottoporre poi a referendum. Solo così ce la possiamo
fare, in modo democratico, prima che il percorso di guerra si accidenti
ancora di più e al popolo non resti più nemmeno la parola, se non per
esprimere sgomento.


La Padania lo farà.
--
Il contenuto di questo messaggio è frutto di fantasia e
non deve essere collegato a niente di reale. Serve solo
come spunto di riflessione. W LA PADANIA LIBERA
redroby
2012-07-16 13:20:32 UTC
Permalink
Post by el gato
La Padania lo farà.
Vero! Hanno iniziato già a riunirsi per studiare il da farsi!

http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-62599/402127.htm
--
una nazione che fa il 35% di share per la finale del grande fratello
non
puo' definirsi popolata da esseri intelligenti
Salvatore DOC
2012-07-16 14:46:32 UTC
Permalink
Post by el gato
La Padania lo farà.
L'ha detto il leader dei raglianti

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Nil sine magno vita labore dedit mortalibus

Salvatore


questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ***@newsland.it
Io non sono mai stato condannato per truffa
2012-07-16 13:48:46 UTC
Permalink
Abbiamo ricevuto dal Senatore Marcello Pera ...
Se non sbaglio e' quell'ignorantone razzista che se ne usci' con la
frase "Rischiamo di diventare tutti meticci", vero?

E secondo te ci possono interessare le stronzate che dice un individuo
simile?


Saluti
--
"State zitti, leghisti di merda"! (Margherita Hack)
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